Già da qualche tempo, in campo SEO, si parla con insistenza dei dati strutturati. Una tematica che da qualche anno, come vedremo, ha radicalmente mutato i meccanismi dell’indicizzazione.
In particolare, è diventato un argomento rilevante da quando, nell’ormai lontano 2011, Google, Bing, Yahoo! e Yandex hanno creato schema.org, un immenso vocabolario utilizzato dai motori di ricerca per standardizzare una lista di attributi.
Il funzionamento dei dati strutturati è semplice: aiutano il motore di ricerca a districarsi nella giungla di informazioni presenti all’interno del sito. I dati strutturati – va detto – non concorrono direttamente al posizionamento nella pagina di ricerca (SERP), ma senz’altro lo aiutano per restituire risultati più rilevanti rispetto alla richiesta dell’utente. Un’analisi del portale WooRank ha dimostrato, in una scala da 0 a 100, che i siti che ne fanno uso hanno un punteggio medio di 71.3 a fronte di uno score pari a 67.1 per quelli che non lo fanno. Eppure, non sono ancora molto diffusi: un’altra statistica di Woorank sui migliori 20 milioni di siti Web al mondo mostra come solo il 28% di essi contiene elementi relativi a schema.org.
Cosa sono i dati strutturati?
I dati strutturati sono microdati (markup) inseriti manualmente nel codice HTML di una pagina per fornire dati aggiuntivi sui siti e sulle pagine dello stesso. Essi sono usati per consentire a Google di classificare meglio i contenuti, le relazioni tra essi e ulteriori informazioni che ne permettano una più rapida e semplice comprensione. Di fatto, a ogni dato viene associata una categoria di riferimento ben precisa, così che le macchine possano facilmente intuire di cosa si sta parlando.
Un esempio pratico di dato strutturato tratto direttamente…dalla homepage di SocialCities
Perché usare i dati strutturati?
Il robot di Google, è risaputo, nella fase di crawling visita milioni di siti – incluso il tuo – ogni secondo, alla ricerca di contenuti rilevanti che possano soddisfare le richieste effettuate dagli utenti. È solo la prima delle tre fasi compiute dal motore di ricerca (seguita da indicizzazione e posizionamento), ma è senz’altro la più rilevante, in quanto include tutte le pagine alle quali accede all’interno del suo immenso database. Tuttavia, può accadere che nel passaggio successivo, quello di interpretazione dei risultati, fatichi a comprendere le indicazioni che gli vengono fornite e non decodifichi in maniera corretta l’informazione potenzialmente utile alla richiesta dell’utente.
Come evitare un pasticcio del genere? Fornendo a Google quante più caratteristiche possibili sul contenuto delle pagine. I dati strutturati intervengono proprio in tale contesto, tramite un formato standardizzato che permette al crawler di capire quale sia non solo l’argomento del quale si sta parlando, ma anche determinate e specifiche informazioni. Pensiamo, a titolo esemplificativo, a un portale di e-commerce: i dati strutturati permetteranno di comunicare efficacemente il nome del prodotto, la sua descrizione, il prezzo, le caratteristiche e persino le recensioni.
Strumenti utili per la SERP
Ti è mai capitato di effettuare una ricerca su Google e ottenere molto di più dei classici risultati organici e a pagamento? Ripensa alla tanto ambita prima pagina all’interno della SERP: avrai sicuramente notato come, effettuando una qualsiasi ricerca, molto spesso compaiano una serie di suggerimenti che semplificano il percorso dell’utente. Ebbene sì, essi si fondano tutti sui dati strutturati. Vediamo, con una rapida carrellata, quali sono le più importanti possibilità e funzionalità offerte proprio dal corretto utilizzo del markup language:
#1 Knowledge Graph
Introdotta nel 2012, la Google Knowledge Graph è diventata da una parte uno strumento utile, lato utente, per accedere facilmente alle informazioni ricercate, dall’altra… il sogno proibito di essere considerati talmente rilevanti da godere di uno spazio oggettivamente importante all’interno della SERP per determinate query di ricerca.